- IRENE FENARA
EVERY BREAKING WAVE
Associazione Karussell e Cassa di Risparmio di Fermo presentano un intervento artistico di Irene Fenara all’interno del Giardinetto della Cassa di Risparmio di Fermo in Corso Cavour. Un luogo al centro di un progetto di valorizzazione, che è stato riattivato grazie all’arte contemporanea.
Irene Fenara ha realizzato un intervento site-specific nel Giardinetto della Cassa di Risparmio di Fermo che evoca la presenza della chiesa di San Matteo – un edificio del XII secolo di cui si perdono le tracce nel XIII secolo – e può essere ricondotto al fenomeno delle ‘chiese nelle chiese’, diffusa su tutto il territorio italiano come la Santa Casa di Loreto, la Porziuncola di Assisi o l’Arca dei Magi a Sant’Eustorgio a Milano.
L’intervento è costituito da una struttura che può essere interpretata come una piccola chiesa o edicola sacra contemporanea. Si tratta di un prefabbricato da cantiere la cui facciata a capanna ricorda quella delle prime chiese cristiane e il cui aspetto ci colloca immediatamente in una dimensione in divenire e di ricostruzione, creando, allo stesso tempo, un effetto straniante e indecifrabile rispetto al luogo. All’interno della struttura, è installato un monitor che riproduce un video estrapolato da telecamere di sorveglianza obsolete, tema centrale nella ricerca dell’artista che indaga lo sguardo meccanico che viene dimenticato e, nell’alterarsi del proprio funzionamento, diventa poetico. Nel video, uno specchio d’acqua muta la sua forma seguendo le spinte che arrivano da una brezza di cui non ci è dato percepire l’intensità, ma che genera, sulla superficie, dei movimenti che sembrano cambiarne la sostanza: da acquosa prende l’aspetto di un tessuto per poi trasformarsi in metallo fuso. Questa immagine in lenta e misteriosa metamorfosi rafforza la sensazione straniante dell’insieme, evocando mutazioni e dimensioni quasi alchemiche per l’intera installazione. Completa l’intervento una fotografia addossata a una delle pareti del Giardinetto. Soggetto di questa è un altro elemento naturale: delle foglie che invadono completamente il campo visivo della camera, non lasciando spazio a una visione connotante di un contesto, ma attivando un dialogo di elementi naturali tra l’immagine riprodotta, il video all’interno della struttura di lamiera e la vegetazione presente nello spazio del giardino.
Nella tradizione, le edicole sacre e le raffigurazioni in esse contenute garantivano favore e sicurezza a chi si allontanava dalla protezione delle mura cittadine o supportavano i pellegrini nei loro cammini. Al pari di quelle contenute nelle edicole sacre, l’immagine presente all’interno della struttura in lamiera evoca un senso di mistero e fascinazione, segnando la via verso possibilità della moltiplicazione di senso delle visioni del reale. Nella sua ricerca, Irene Fenara si serve di immagini prelevate da videocamere di sorveglianza che hanno perso la propria funzione: installate per motivi di controllo e sicurezza, vengono dimenticate e abbandonate, determinandone così mal funzionamento e autonomia visiva. Di questa dimenticanza che genera errore, imperfezione e inutilità, Fenara ha fatto poetica che suggerisce un occhio artistico altro ovvero lo sguardo deteriorato della macchina diventa come quello dell’artista che genera, isolandole dal resto, epifanie. Irene coglie queste epifanie prodotte dallo sguardo imperfetto e deteriorato della macchina del presente tecnologico. Come nella grande proiezione Supervision (Storm) realizzata dall’artista per la recente mostra presso Galleria Zero… di Milano, dove la visione di un temporale in lontananza, vicino a delle montagne, scorre a scatti suggerendo una diversa narrazione del reale a cui il limite tecnologico della macchina – una visione non lineare, non filmica del piano sequenza, e in bassa risoluzione – dona la fascinazione di un album di vedute paesaggistiche, un susseguirsi intervallato di immagini quasi pittoriche prive di connotazione geografica e temporale, ma dense di aperture immaginifiche.
C’è un discorso sul vedere e su come viene restituita la realtà che passa attraverso un mezzo che percepiamo come distaccato e ultra vero ma che, per le sue specificità e limiti e per mezzo dell’interferenza dell’errore, ci restituisce visioni dense di suggestioni poetiche. Non sapremo mai perché la porzione d’acqua riprodotta nel monitor all’interno della struttura necessitava di uno strumento di controllo, ciò che ci è dato intuire sono le potenzialità visive della mutevole materia del reale.
Associazione Karussell e Cassa di Risparmio di Fermo presentano un intervento artistico di Irene Fenara all’interno del Giardinetto della Cassa di Risparmio di Fermo in Corso Cavour. Un luogo al centro di un progetto di valorizzazione, che è stato riattivato grazie all’arte contemporanea.
Irene Fenara ha realizzato un intervento site-specific nel Giardinetto della Cassa di Risparmio di Fermo che evoca la presenza della chiesa di San Matteo – un edificio del XII secolo di cui si perdono le tracce nel XIII secolo – e può essere ricondotto al fenomeno delle ‘chiese nelle chiese’, diffusa su tutto il territorio italiano come la Santa Casa di Loreto, la Porziuncola di Assisi o l’Arca dei Magi a Sant’Eustorgio a Milano.
L’intervento è costituito da una struttura che può essere interpretata come una piccola chiesa o edicola sacra contemporanea. Si tratta di un prefabbricato da cantiere la cui facciata a capanna ricorda quella delle prime chiese cristiane e il cui aspetto ci colloca immediatamente in una dimensione in divenire e di ricostruzione, creando, allo stesso tempo, un effetto straniante e indecifrabile rispetto al luogo. All’interno della struttura, è installato un monitor che riproduce un video estrapolato da telecamere di sorveglianza obsolete, tema centrale nella ricerca dell’artista che indaga lo sguardo meccanico che viene dimenticato e, nell’alterarsi del proprio funzionamento, diventa poetico. Nel video, uno specchio d’acqua muta la sua forma seguendo le spinte che arrivano da una brezza di cui non ci è dato percepire l’intensità, ma che genera, sulla superficie, dei movimenti che sembrano cambiarne la sostanza: da acquosa prende l’aspetto di un tessuto per poi trasformarsi in metallo fuso. Questa immagine in lenta e misteriosa metamorfosi rafforza la sensazione straniante dell’insieme, evocando mutazioni e dimensioni quasi alchemiche per l’intera installazione. Completa l’intervento una fotografia addossata a una delle pareti del Giardinetto. Soggetto di questa è un altro elemento naturale: delle foglie che invadono completamente il campo visivo della camera, non lasciando spazio a una visione connotante di un contesto, ma attivando un dialogo di elementi naturali tra l’immagine riprodotta, il video all’interno della struttura di lamiera e la vegetazione presente nello spazio del giardino.
Nella tradizione, le edicole sacre e le raffigurazioni in esse contenute garantivano favore e sicurezza a chi si allontanava dalla protezione delle mura cittadine o supportavano i pellegrini nei loro cammini. Al pari di quelle contenute nelle edicole sacre, l’immagine presente all’interno della struttura in lamiera evoca un senso di mistero e fascinazione, segnando la via verso possibilità della moltiplicazione di senso delle visioni del reale. Nella sua ricerca, Irene Fenara si serve di immagini prelevate da videocamere di sorveglianza che hanno perso la propria funzione: installate per motivi di controllo e sicurezza, vengono dimenticate e abbandonate, determinandone così mal funzionamento e autonomia visiva. Di questa dimenticanza che genera errore, imperfezione e inutilità, Fenara ha fatto poetica che suggerisce un occhio artistico altro ovvero lo sguardo deteriorato della macchina diventa come quello dell’artista che genera, isolandole dal resto, epifanie. Irene coglie queste epifanie prodotte dallo sguardo imperfetto e deteriorato della macchina del presente tecnologico. Come nella grande proiezione Supervision (Storm) realizzata dall’artista per la recente mostra presso Galleria Zero… di Milano, dove la visione di un temporale in lontananza, vicino a delle montagne, scorre a scatti suggerendo una diversa narrazione del reale a cui il limite tecnologico della macchina – una visione non lineare, non filmica del piano sequenza, e in bassa risoluzione – dona la fascinazione di un album di vedute paesaggistiche, un susseguirsi intervallato di immagini quasi pittoriche prive di connotazione geografica e temporale, ma dense di aperture immaginifiche.
C’è un discorso sul vedere e su come viene restituita la realtà che passa attraverso un mezzo che percepiamo come distaccato e ultra vero ma che, per le sue specificità e limiti e per mezzo dell’interferenza dell’errore, ci restituisce visioni dense di suggestioni poetiche. Non sapremo mai perché la porzione d’acqua riprodotta nel monitor all’interno della struttura necessitava di uno strumento di controllo, ciò che ci è dato intuire sono le potenzialità visive della mutevole materia del reale.
- IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- Irene Fenara, Supervision, 2024, stampa diretta su alluminio, 30×53 cm
- IRENE FENARA, IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- IRENE FENARA, IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- IRENE FENARA, IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- 616A3280
- IRENE FENARA, Irene Fenara, Supervision (Breaking Wave), 2024, video frame, 11 minuti, 58 secondi, loop
- IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- IRENE FENARA, IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
- IRENE FENARA, IRENE FENARA, Installation view Every Breaking Wave at Giardinetto della Cassa di Risparmio, Fermo, ph. Alessio Beato
Irene Fenara (b. 1990, Bologna) investiga il gesto che sta alla base di ogni operazione fotografica: il guardare. In particolare osserva, investiga e interpreta il modo in cui guardano le macchine. Sono centinaia gli sguardi meccanici davanti ai quali passiamo ogni giorno. Irene Fenara qui si concentra sulle telecamere di sorveglianza. Dispositivi introdotti e diffusi per ragioni di controllo e sicurezza, ovvero per proteggerci dagli altri, innescano a loro volta una serie di insicurez- ze. Le immagini che mostrano spesso non sono chiare, sporcate da una serie di errori, come un ostacolo davanti all’obiettivo, un difetto di risoluzione o un’evidente alterazione cromatica. Proprio come i nostri occhi, (ri)vedono e trasformano la realtà, catapultandoci in un universo alternativo e misterioso.
Il suo lavoro è stato esposto in istituzioni pubbliche e private come Fondazione Prada Osservatorio (Milano 2016), Fondazione Fotografia (Modena 2017), MAMbo (Bologna 2018), Palazzo delle Esposizioni (Roma 2018), Kunst Merano Arte (Merano 2019), Triennale (Milano 2021), Basel Social Club (Basilea 2022), MACRO (Roma 2021), ICA (Milano 2022), MAXXI (Roma 2022), MACTE (Termoli 2023), Palazzo Bentivoglio (Bologna 2023) e Museion (Bolzano 2023).

- LUCIA LEUCI

- RICCARDO BANFI