• LULA BROGLIO

FIAMMIFERI STANCHI

18.07.2021 – 20.08.2021
Ex lavanderia, Via Mameli 55, Fermo
Text

“Ceracando di te in un vecchio caffè
Ho visto uno specchio e dentro
Ho visto il mare e dentro al mare
Una piccola barca per me
Per farmi arrivare a un altro caffè
Con dentro uno specchio che dentro
Si vede il mare e dentro al mare
Una piccola barca pronta per me

Ah, che rebus
Ah, che rebus”.
Rebus, Paolo Conte.

 

La scelta di fare una mostra in una ex lavanderia si è rivelata azzeccatissima.
Dopo tanti palazzi, con bellissimi affreschi, tappezzerie d’altri tempi, quella luce gialla e polverosa che permea le atmosfere e ne sottolinea l’esistenza in un tempo passato, non ho resistito alle piastrelle incrinate e démodé che ricoprono la zona del laboratorio che si vedeva nelle prime fotografie che abbiamo trovato di questo spazio. Quando poi, al primo sopralluogo, siamo entrate in un ingresso scandito da strette arcate e aperture sceniche e dipinto di rosa Big Babol, dove si trova uno specchio con incisioni quasi erotiche, cui seguivano delle stanze voltate a crociera – sicuramente residuo di aderenza di quegli spazi a una chiesa che sorgeva lì accanto –  sembrava di essere in uno dei quadri di Lula Broglio, nella loro bizzarria che vien fuori mano a mano che li si guarda.
Questo luogo è simile a un teatro, col suo stage, le quinte e i camerini… che però non si celano alla vista degli spettatori ma diventano spazio percorribile, un luogo svelato che però, proprio in virtù di questo svelamento, si carica di forza onirica e straniante: il centro del lavoro (camerini e retroscena come il laboratorio della lavanderia e del panificio che c’era prima) sempre nascosto, si apre e, con crudezza, mostra i propri spazi e le crepe e i residui del lavoro e dell’abbandono. Mi è piaciuto immaginare i quadri colorati in questo spazio bianco/grigio, svuotato degli arredi e dell’uso e riempito di disinteresse. L’ho trovato perfetto per attivare le immagini di Lula.
I quadri realizzati per Fiammiferi stanchi  sono nati dopo che l’artista ha visto la ex lavanderia e ha effettuato i primi sopralluoghi. Sono riverberi delle impressioni che si sono appoggiate dietro ai suoi occhi, che compongono la sua memoria retinica, e nella sua testa e che hanno generato i luoghi terreni ma fantastici che compaiono nei dipinti, con il rosa dell’ingresso, così suadente, a far, suo ironico malgrado, da fil ‘rouge’.
Nelle tele di Lula Broglio è disposta una dimensione scenica, spesso citazionista, come una traduzione pacatamente e ironicamente alterata del reale o di quella che potrebbe essere la realtà ma che vive come sua composizione. In questa dimensione si possono osservare le cose del mondo da un altro punto di vista e sembra possibile intuirne la vita segreta, la loro animazione, il loro pensiero: oggetti e animali, nei lavori di Lula, hanno un proprio pensiero forte, che dispone e conduce la lettura delle immagini.  Le cose che sono accanto a noi, lì dentro ai quadri aleggiano nella loro storia. Non si tratta, a questo punto è chiaro, di nature morte: “oggetti, come i fiammiferi, che si trovano dentro i quadri, dentro gli appartamenti, dentro i negozi per troppo tempo senza avere un ruolo principale o senza essere utilizzati a dovere. Nel mio quadro ho voluto dare importanza ad alcuni oggetti facendone un ritratto e non una natura morta”. La leggera deformazione di vista, quasi grandangolare, di certi lavori, lascia la libertà di immaginare che lo sguardo che si è posato su quelle immagini sia stato quello di un animale (forse del bel levriero sabaudo con cappottino di velluto), che questi le abbia trovate in una notte sospesa e abbandonata. In un’itervista molto bella, Lula si paragona a un edificio e parla di animali nella notte in città. Ecco lei mi sembra possedere lo sguardo tondo di un animale vagabondo, che si struscia sugli spigoli, che guarda rapito mentre connessioni non verbali gli attraversano la testa in cerca del guaito-mugghìo che lancerà nell’aria umidissima. La superficie pittorica paragonabile a un tessuto, che ti vien voglia di palpare, rende i suoi quadri ancor più contesto narrativo seducente, che conduce a se, che ti tira dentro, insomma. Pieni di dettagli del possibile che levitano, che spiano, sparsi come indizi o distribuiti al pari delle parti che compongono il disegno di lettere e immagini dei rebus. Ah che Rebus! Lula ha dei bellissimi occhi da strega, sarà quello. O anche lo sguardo vitreo dei bicchieri di boemia…

“Stia attenta con le storie inventate. Rivelano cosa c’è sotto. Tal quale come i sogni” scriveva Raymond Queneau ne I fiori blu. Anche Lula Broglio scrive poesie e racconti: questa mostra è accompagnata da un piccolo libricino in edizione limitata che ne contiene uno: Hermes, via dei Cessati Spiriti 10. Questo racconto un po’ rivela cosa c’è sotto, rende narrativa verbale le immagini in mostra, un po’ apre il respiro della possibile esistenza delle scene illustrate e dona loro asciutta malinconia. In copertina un fiammifero sognante, la carta è rosa incarnato… quel libricino è come un piccolo corpo.

Matilde Galletti

“Ceracando di te in un vecchio caffè
Ho visto uno specchio e dentro
Ho visto il mare e dentro al mare
Una piccola barca per me
Per farmi arrivare a un altro caffè
Con dentro uno specchio che dentro
Si vede il mare e dentro al mare
Una piccola barca pronta per me

Ah, che rebus
Ah, che rebus”.
Rebus, Paolo Conte.

 

La scelta di fare una mostra in una ex lavanderia si è rivelata azzeccatissima.
Dopo tanti palazzi, con bellissimi affreschi, tappezzerie d’altri tempi, quella luce gialla e polverosa che permea le atmosfere e ne sottolinea l’esistenza in un tempo passato, non ho resistito alle piastrelle incrinate e démodé che ricoprono la zona del laboratorio che si vedeva nelle prime fotografie che abbiamo trovato di questo spazio. Quando poi, al primo sopralluogo, siamo entrate in un ingresso scandito da strette arcate e aperture sceniche e dipinto di rosa Big Babol, dove si trova uno specchio con incisioni quasi erotiche, cui seguivano delle stanze voltate a crociera – sicuramente residuo di aderenza di quegli spazi a una chiesa che sorgeva lì accanto –  sembrava di essere in uno dei quadri di Lula Broglio, nella loro bizzarria che vien fuori mano a mano che li si guarda.
Questo luogo è simile a un teatro, col suo stage, le quinte e i camerini… che però non si celano alla vista degli spettatori ma diventano spazio percorribile, un luogo svelato che però, proprio in virtù di questo svelamento, si carica di forza onirica e straniante: il centro del lavoro (camerini e retroscena come il laboratorio della lavanderia e del panificio che c’era prima) sempre nascosto, si apre e, con crudezza, mostra i propri spazi e le crepe e i residui del lavoro e dell’abbandono. Mi è piaciuto immaginare i quadri colorati in questo spazio bianco/grigio, svuotato degli arredi e dell’uso e riempito di disinteresse. L’ho trovato perfetto per attivare le immagini di Lula.
I quadri realizzati per Fiammiferi stanchi  sono nati dopo che l’artista ha visto la ex lavanderia e ha effettuato i primi sopralluoghi. Sono riverberi delle impressioni che si sono appoggiate dietro ai suoi occhi, che compongono la sua memoria retinica, e nella sua testa e che hanno generato i luoghi terreni ma fantastici che compaiono nei dipinti, con il rosa dell’ingresso, così suadente, a far, suo ironico malgrado, da fil ‘rouge’.
Nelle tele di Lula Broglio è disposta una dimensione scenica, spesso citazionista, come una traduzione pacatamente e ironicamente alterata del reale o di quella che potrebbe essere la realtà ma che vive come sua composizione. In questa dimensione si possono osservare le cose del mondo da un altro punto di vista e sembra possibile intuirne la vita segreta, la loro animazione, il loro pensiero: oggetti e animali, nei lavori di Lula, hanno un proprio pensiero forte, che dispone e conduce la lettura delle immagini.  Le cose che sono accanto a noi, lì dentro ai quadri aleggiano nella loro storia. Non si tratta, a questo punto è chiaro, di nature morte: “oggetti, come i fiammiferi, che si trovano dentro i quadri, dentro gli appartamenti, dentro i negozi per troppo tempo senza avere un ruolo principale o senza essere utilizzati a dovere. Nel mio quadro ho voluto dare importanza ad alcuni oggetti facendone un ritratto e non una natura morta”. La leggera deformazione di vista, quasi grandangolare, di certi lavori, lascia la libertà di immaginare che lo sguardo che si è posato su quelle immagini sia stato quello di un animale (forse del bel levriero sabaudo con cappottino di velluto), che questi le abbia trovate in una notte sospesa e abbandonata. In un’itervista molto bella, Lula si paragona a un edificio e parla di animali nella notte in città. Ecco lei mi sembra possedere lo sguardo tondo di un animale vagabondo, che si struscia sugli spigoli, che guarda rapito mentre connessioni non verbali gli attraversano la testa in cerca del guaito-mugghìo che lancerà nell’aria umidissima. La superficie pittorica paragonabile a un tessuto, che ti vien voglia di palpare, rende i suoi quadri ancor più contesto narrativo seducente, che conduce a se, che ti tira dentro, insomma. Pieni di dettagli del possibile che levitano, che spiano, sparsi come indizi o distribuiti al pari delle parti che compongono il disegno di lettere e immagini dei rebus. Ah che Rebus! Lula ha dei bellissimi occhi da strega, sarà quello. O anche lo sguardo vitreo dei bicchieri di boemia…

“Stia attenta con le storie inventate. Rivelano cosa c’è sotto. Tal quale come i sogni” scriveva Raymond Queneau ne I fiori blu. Anche Lula Broglio scrive poesie e racconti: questa mostra è accompagnata da un piccolo libricino in edizione limitata che ne contiene uno: Hermes, via dei Cessati Spiriti 10. Questo racconto un po’ rivela cosa c’è sotto, rende narrativa verbale le immagini in mostra, un po’ apre il respiro della possibile esistenza delle scene illustrate e dona loro asciutta malinconia. In copertina un fiammifero sognante, la carta è rosa incarnato… quel libricino è come un piccolo corpo.

Matilde Galletti

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