- Paola Angelini, 
- Luca De Angelis, 
- Alessandro Fogo, 
- Mattia Pajè, 
- Alice Visentin, 
- Francesco Snote
IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA
Ho immaginato di chiedere agli artisti coinvolti dei lavori piccoli – o di formato comunque ridotto rispetto a quello da loro usato normalmente – da poter mettere in uno spazio altrettanto piccolo, privato, quasi segreto. L’idea che mi aveva solleticata era quella di costruire uno spazio/mostra ristretto, ravvicinato, dove le opere potessero sostituire la presenza delle persone, lasciando prender vita a un fitto chiacchiericcio tra amici, un confabulare, un narrare ritmato, bisbigliante… Lo spettatore, entrando, avrebbe dovuto avvertire la sensazione di accedere, non visto, a un luogo segreto dove si sperimentano attività magiche, misteriche. Di sicuro, la fortuna di aver trovato uno spazio come Palazzo Rota – Brancadoro Costantini – Catalino ha reso più semplice la realizzazione di questa fantasia e i lavori che gli artisti hanno scelto di portare l’hanno completata. Il partire da una matrice del reale, dell’ordinario, accomuna le loro ricerche, ognuno poi ne fa una traduzione che apre il campo delle possibilità di visione, di lettura e manipolazione delle cose. Questa caratteristica mi ha fatto pensare a loro come a “maghi moderni” – come diceva Alberto Savinio del fratello Giorgio de Chirico – capaci di rimestare il reale al fine di ottenere delle trasformazioni quasi alchemiche. Le alterazioni di immagine che compiono sembrano situazioni o scenari che potrebbero trovare spazio nei romanzi di George Saunders o Margaret Atwood, narrazioni che sembrano esistere parallelamente al reale conosciuto, con tutta la carica di probabilità di essere vere che deriva dal loro essere costruite per mezzo di oggettivazione delle possibili soluzioni che il nostro presente, la nostra civiltà, la nostra quotidianità potrebbero intraprendere. Ma non è la visionarietà a essere interessante nelle opere in mostra. Ciò che fa compiere lo scarto è la capacità di mutare lo stato delle cose attraverso il gesto pittorico (e non solo) e il processo artistico. Proprio in un romanzo della Atwood, Oryx e Crake, ho trovato la frase che fa da titolo a questa mostra: si tratta di una delle calamite attaccate sul frigorifero del co-protagonista, Crake.
“Dove c’è Dio, non c’è l’Uomo.
Ci sono due lune, quella visibile e quella invisibile.
Du musst dein Leben andern.
Comprendiamo più di quanto sappiamo.
Cogito, ergo.
Rimanere umani è superare un limite.
Il sogno sguscia fuori dalla tana verso la preda.”
Quest’ultima mi è sembrata l’immagine esatta per raccontare, in un titolo, tutto questo.
I “messaggi sulla cultura della terra, la storia orale e alcuni semplici attimi di vita quotidiana” portati dai grandi elementi vegetali di Alice Visentin inebriano del fascino e degli odori della natura. Fiori, petali e foglie, che possono curare o avvelenare, ci rammentano dei filtri e delle pomate che un tempo si creavano con essi e rimandano a un mondo, a un esistere lento e fatto di parole, fatto di formule e ricette. Per Luca De Angelis l’immagine del reale si trasfigura svelando la natura equivoca delle cose attraverso la lentezza e precisione del processo pittorico che l’artista compie in studio: dietro una pennellata la successiva, millimetrica, sotto la quale si nasconde una nuova forma dell’immagine. Nei lavori di Alessandro Fogo l’ambiguità del conosciuto si manifesta attraverso una sottile trasfigurazione del reale, la stratificazione delle immagini e
la costruzione di livelli di lettura. Dubbi, possibilità e ambiguità sono richiamati in superficie sollecitando lo spettatore a seguire un rituale di iniziazione alla trasformazione del conosciuto e ovvio in qualcosa di cui interrogarsi. Per Paola Angelini l’atto di evocare avviene attraverso la stratificazione dei segni e della materia sulla tela: non sono le immagini, o non sono solo loro, a essere determinanti nella gestione della ricerca in atto. La matericità è trattata come strumento disvelante che attiva e conclude un processo. Francesco Snote crea immagini di situazione in falsa evoluzione e storie che rotolano una nell’altra, come il sogno al risveglio o il sogno del risveglio che diventa un groviglio di percepito e finzione. Le sculture contengono i sogni che le tavole raccontano, fingendo di essere vecchi reliquiari e lunghe pareti affrescate. Gli interventi di Mattia Pajè sono osservazioni approfondite delle cose del reale rese attraverso un punto di vista più concettuale, che ne restituisce le forme articolate attraverso mezzi che agiscono puntigliosamente sull’ambiguità dell’immagine, sia essa visiva, sonora o linguistica.
Matilde Galletti
Ho immaginato di chiedere agli artisti coinvolti dei lavori piccoli – o di formato comunque ridotto rispetto a quello da loro usato normalmente – da poter mettere in uno spazio altrettanto piccolo, privato, quasi segreto. L’idea che mi aveva solleticata era quella di costruire uno spazio/mostra ristretto, ravvicinato, dove le opere potessero sostituire la presenza delle persone, lasciando prender vita a un fitto chiacchiericcio tra amici, un confabulare, un narrare ritmato, bisbigliante… Lo spettatore, entrando, avrebbe dovuto avvertire la sensazione di accedere, non visto, a un luogo segreto dove si sperimentano attività magiche, misteriche. Di sicuro, la fortuna di aver trovato uno spazio come Palazzo Rota – Brancadoro Costantini – Catalino ha reso più semplice la realizzazione di questa fantasia e i lavori che gli artisti hanno scelto di portare l’hanno completata. Il partire da una matrice del reale, dell’ordinario, accomuna le loro ricerche, ognuno poi ne fa una traduzione che apre il campo delle possibilità di visione, di lettura e manipolazione delle cose. Questa caratteristica mi ha fatto pensare a loro come a “maghi moderni” – come diceva Alberto Savinio del fratello Giorgio de Chirico – capaci di rimestare il reale al fine di ottenere delle trasformazioni quasi alchemiche. Le alterazioni di immagine che compiono sembrano situazioni o scenari che potrebbero trovare spazio nei romanzi di George Saunders o Margaret Atwood, narrazioni che sembrano esistere parallelamente al reale conosciuto, con tutta la carica di probabilità di essere vere che deriva dal loro essere costruite per mezzo di oggettivazione delle possibili soluzioni che il nostro presente, la nostra civiltà, la nostra quotidianità potrebbero intraprendere. Ma non è la visionarietà a essere interessante nelle opere in mostra. Ciò che fa compiere lo scarto è la capacità di mutare lo stato delle cose attraverso il gesto pittorico (e non solo) e il processo artistico. Proprio in un romanzo della Atwood, Oryx e Crake, ho trovato la frase che fa da titolo a questa mostra: si tratta di una delle calamite attaccate sul frigorifero del co-protagonista, Crake.
“Dove c’è Dio, non c’è l’Uomo.
Ci sono due lune, quella visibile e quella invisibile.
Du musst dein Leben andern.
Comprendiamo più di quanto sappiamo.
Cogito, ergo.
Rimanere umani è superare un limite.
Il sogno sguscia fuori dalla tana verso la preda.”
Quest’ultima mi è sembrata l’immagine esatta per raccontare, in un titolo, tutto questo.
I “messaggi sulla cultura della terra, la storia orale e alcuni semplici attimi di vita quotidiana” portati dai grandi elementi vegetali di Alice Visentin inebriano del fascino e degli odori della natura. Fiori, petali e foglie, che possono curare o avvelenare, ci rammentano dei filtri e delle pomate che un tempo si creavano con essi e rimandano a un mondo, a un esistere lento e fatto di parole, fatto di formule e ricette. Per Luca De Angelis l’immagine del reale si trasfigura svelando la natura equivoca delle cose attraverso la lentezza e precisione del processo pittorico che l’artista compie in studio: dietro una pennellata la successiva, millimetrica, sotto la quale si nasconde una nuova forma dell’immagine. Nei lavori di Alessandro Fogo l’ambiguità del conosciuto si manifesta attraverso una sottile trasfigurazione del reale, la stratificazione delle immagini e
la costruzione di livelli di lettura. Dubbi, possibilità e ambiguità sono richiamati in superficie sollecitando lo spettatore a seguire un rituale di iniziazione alla trasformazione del conosciuto e ovvio in qualcosa di cui interrogarsi. Per Paola Angelini l’atto di evocare avviene attraverso la stratificazione dei segni e della materia sulla tela: non sono le immagini, o non sono solo loro, a essere determinanti nella gestione della ricerca in atto. La matericità è trattata come strumento disvelante che attiva e conclude un processo. Francesco Snote crea immagini di situazione in falsa evoluzione e storie che rotolano una nell’altra, come il sogno al risveglio o il sogno del risveglio che diventa un groviglio di percepito e finzione. Le sculture contengono i sogni che le tavole raccontano, fingendo di essere vecchi reliquiari e lunghe pareti affrescate. Gli interventi di Mattia Pajè sono osservazioni approfondite delle cose del reale rese attraverso un punto di vista più concettuale, che ne restituisce le forme articolate attraverso mezzi che agiscono puntigliosamente sull’ambiguità dell’immagine, sia essa visiva, sonora o linguistica.
Matilde Galletti
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
- Installation view IL SOGNO SGUSCIA FUORI DALLA TANA VERSO LA PREDA at Palazzo Catalino, Fermo, ph. Michele Alberto Sereni
Paola Angelini è nata a San Benedetto del Tronto, Italia (1983) si diploma in Pittura nel 2010 presso l’Accademia di Belle Arti di Firenze. Nel 2011 frequenta il workshop in Arti Visive presso lo IUAV Universit di Venezia tenuto da Bjarne Melgaard, e nello stesso anno espone nel Padiglione Norvegese della 54esima Biennale di Venezia nella mostra intitolata Baton Sinister. Nel 2017 ottiene il Master in Belle Arti presso KASK Conservatorium a Gent (BE). Nel 2014 e nel 2016 partecipa al programma di residenza d’artista presso Nordic Artists’Centre Dale (NKD), Norvegia, e nello stesso anno partecipa al programma di residenze presso Bevilacqua La Masa a Venezia. Ha partecipato a diverse mostre personali e collettive in Italia e all’estero, tra cui: Forme del tempo, Museo Palazzo Pretorio, Prato, 2017; La conquista dello spazio, Spazio K, Galleria Nazionale delle Marche, Urbino, 2017; Iconoclash, Museo di Castelvecchio, Verona, 2017; Rethinking Media, Brandstrup Galleri, Oslo, Norvegia, 2018 ; Babel of Bric a Br c, BGE Gallery, Stavanger, Norvegia, 2019 ; Splendor Solis, Museo C Pesaro, Venezia, 2021 ; Black Morning, Lyles&King gallery, New York, USA, 2022; Il tuffatore, Fondazione Coppola, Vicenza.
Attualmente vive e lavora a San Benedetto del Tronto.
Per Luca De Angelis (1980, IT) la figurazione è una strategia volta a stabilire un legame profondo con lo spettatore. L’opera è ancorata alla realtà, radicata nella storia dell’arte e nel rapporto umano con l’immagine, imprescindibile punto di partenza. Il vissuto, anche nella prospettiva storica, è il presupposto che l’artista utilizza per avviare il proprio processo di trasfigurazione del reale; la pratica artistica è per De Angelis un modo di attivare momenti di rivelazione. La realtà in questione è di natura sfuggente. Lo spettatore si trova così a riflettere sulla sua stessa percezione della realtà e delle molteplici interpretazioni che essa comporta.
Tra le sue mostre principali: Nadir, 2023, Annarumma Gallery, Napoli / La stagione straniera, 2022, Fondazione Coppola, Vicenza / Messinscena, 2018, Palazzo Ducale di Urbino / Portrait of a man, 2016, Remont, Belgrado. Tra i premi: Level 0, 2021, Fondazione Coppola e Art Verona / Premio COMBAT, 2014 / Premio Fondazione Francesco Fabbri, 2013.
Alessandro Fogo (*1992 Thiene, Italia) vive e lavora a S. Benedetto del Tronto (AP).
Nel 2017 ha conseguito un Master in pittura presso la Royal Academy of Fine Arts di Anversa, in Belgio, dopo essersi laureato in Arti Visive allo IUAV di Venezia.
Tra le mostre internazionali di rilievo ricordiamo 20 (What Now?) , PM/AM Gallery (Londra, 2022); Paola Angelini & Alessandro Fogo. Black Morning, Lyles & King (New York, 2022); 07, PM/AM Gallery (Londra, 2021); Alla luce del sole, un attimo prima di spegnersi, Annarumma Gallery (Napoli, 2021); Domani Qui Oggi, Quadriennale di Roma, Palazzo delle Esposizioni (Roma, 2020); If on a winter’s night a traveller , MAMOTH gallery (Londra, 2020); oltre al suo contributo a ImmersioneLibera, progetto organizzato da Galleria Continua ai Bagni Misteriosi (Milano, 2019). Nel 2018, Fogo ha vinto il primo premio di pittura ad ArteLagunePrize a Venezia.
Mattia Pajè (Melzo, 1991) vive e lavora tra Bologna e Lisbona; nel 2016 si diploma all’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il suo lavoro è caratterizzato dall’uso di molteplici materiali e approcci che si adattano alle situazioni in cui si trova ad agire. Il corpo dei suoi lavori, esteso e diversificato, comprende opere pittoriche, scultoree, installative, multimediali e performative. Nel 2016 si occupa della direzione artistica di LOCALEDUE, realtà no-profit per l’arte contemporanea a Bologna. Nello stesso anno co-fonda l’artist-run space Gelateria Sogni di Ghiaccio, di cui attualmente segue la direzione artistica. Nel 2019 co-fonda la residenza Bagni d’Aria e dal 2018 è parte dell’entità nomadica Altalena. La sua ricerca, sotto forma di progetti specifici, residenze, mostre personali e collettive, ha ricevuto l’attenzione di numerose istituzioni pubbliche e private, incluse: ArtCity Bologna (IT, 2022); Alchemilla, Bologna (IT, 2021 e 2022); Istituto Italiano di cultura, Parigi (FR, 2021); MAMbo, Bologna (IT, 2020 e 2021); Pinacoteca Nazionale, Bologna (IT, 2020); Sonnenstube, Lugano (CH, 2020); Fondazione Smart – polo per l’arte, Roma (IT, 2019); Centro per l’arte contemporanea Luigi Pecci, Prato (IT, 2017); S.a.L.E. Docks, Venezia (IT, 2017); Dolomiti Contemporanee, Borca di Cadore (IT, 2017); Mahler & LeWitt Studios, Spoleto (IT, 2017); Cripta 747, Torino (IT, 2017); Istituto Italiano di Cultura, Montevideo (UY, 2017); LOCALEDUE, Bologna (IT, 2015).
Alice Visentin (b. 1993) è un’artista che vive tra Torino e il mondo. Utilizza approcci diversi attraverso media come il video, la scultura e la pittura. Si basa sulla comprensione della realtà come dimensione mutevole, costantemente trasformata dalle interazioni tra corpi e parole, sogni e mormorii. Attraverso il suo lavoro, esplora la capacità generativa dell’immaginazione e la possibilità di accedere ad altri livelli di percezione e di esperienza secondo una comprensione intuitiva delle cose, che appare possibile solo grazie all’incontro con gli altri.
Vive e opera a Torino, dove si è diplomata all’Accademia Albertina di Belle Arti. Le sue personali includono: Malefate, Almanac Project (Torino, 2021), Planète, Istituto Italiano di Cultura di Parigi (2021); Prima Persona Singolare, Tile Project Space (Milano, 2017).
Le sue opere sono state esposte in diverse collettive, tra cui, Espressioni con Frazioni, curata da Carolyn Christov-Bakargiev, Marcella Beccaria, Marianna Vecellio, al Castello di Rivoli (2022); Pittura in persona, CRC Foundation (Cuneo, 2021); LXII Premio Termoli, Museo MACTE (Termoli, 2021); Domani, Qui, Oggi, Palazzo delle Esposizioni (Roma, 2020); Artagon, Cité internationale des Arts (Parigi, 2018). Ha vinto il Premio d’arte internazionale Collective per il Castello di Rivoli Museo d’Arte Contemporanea, grazie al quale la sua opera Banda di Fiori (Notturno) (2021) è entrata nella collezione permanente del Museo.
Francesco Snote si è laureato nel 2018 all’Accademia Albertina di Belle Arti di Torino. La sua pratica si concentra su disegno e scultura, creando una relazione reciproca e sviluppandola come orchestrazione rituale e propiziatoria.
Ha partecipato a mostre nazionali e internazionali tra cui “Allenamento 01” Basis Frankfurt, Francoforte (DE), “Sabaudade” Las Palmas Project, Lisbona (PT), “Pelle d’oca” Villa Vertua Masolo, Nova Milanese (IT), “Luna Crescente” Residenza La Fornace (IT), “It’s my party Deep-End” Sonnenstube, Lugano (CH). È stato co-fondatore di Spaziobuonasera, artis run-space attivo dal 2016 al 2019 a Torino e di Club Pineta, residenza estiva annuale. Nel 2019 ha curato e partecipato al programma di conferenze dell’Accademia Albertina di Torino.

- LUCIA LEUCI

- IRENE FENARA