• LUCIA LEUCI

IL VERO RICONOSCE IL VERO

01.12.2024 – 16.02.2025
Resti della chiesa di San Martino Palazzo dei Priori, Piazza del Popolo, Fermo
Text

«Aiuto, allarme! Ci attaccano!»
Il grido di soccorso della Fornarina per le vie del paese (1377)

«Decidere è un atto di autonomia, di consapevolezza; non è semplicemente un’azione, è un riconoscimento di sé.»
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel (1974)

«Per decidere se è Bene o Non Bene, abbiamo una regola molto semplice: il tema deve essere vero. Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo.»
Ágota Kristóf, Trilogia della città di K. (1986 – 1991)

«…il vero riconosce il vero, il falso riconosce il ferro, tu riconosci il gergo.»
Club Dogo, Ciao Proprio (2010)

 

I fornai, un tempo, si svegliavano all’alba o forse non dormivano affatto, dedicandosi con passione alla produzione del pane e attendendo pazientemente che l’impasto lievitasse secondo i ritmi naturali dei batteri. Oggi invece, si tende nel ricorrere a sostanze chimiche che accelerano il processo di lievitazione. Mi chiedo se, questo nuovo metodo di produzione dei panificati, non abbia contribuito all’aumento dei casi di celiachia nella nostra epoca, ma questo è un argomento che meriterebbe un’analisi a sé.

D’altra parte si osserva un ritorno alla cultura del passato: infatti, una consistente frangia di panificatori utilizza il lievito madre, spesso attribuendogli persino un nome proprio di persona, a sottolineare non solo il legame affettivo e simbolico, ma anche la sua natura di materia viva. Nonostante l’intento di promuovere un’alimentazione sana, l’uso del glifosato nel grano è diventato controverso. Questo erbicida, usato per essiccare le piante prima della raccolta, potrebbe influire sulla qualità del grano e sul consumo di glutine.

Il pane rappresenta la nostra connessione con la terra e gli altri, e ogni scelta agricola è un atto di responsabilità per la salute delle persone e del pianeta.
Nel galateo, il pane non dovrebbe mai essere tagliato con il coltello, ma spezzato con le mani. Questa consuetudine, oltre a simboleggiare eleganza a tavola, affonda le sue radici nella tradizione religiosa: il gesto di spezzare il pane richiama infatti il simbolismo della condivisione e dell’umiltà, come narrato nell’Ultima Cena.

Ero stata malata di morbillo e non riuscivo a dormire; e poi volevo stargli vicino, accompagnarlo al lavoro nei campi. Avevo fatto un capriccio terribile, tra urla e pianti, e alla fine, pur di farmi stare zitta, i miei avevano deciso di accontentarmi. Quindi eccomi in strada con lui, il respiro ancora concitato dallo sforzo delle mie proteste, la soddisfazione di essere stata assecondata e il cuore che mi batteva forte forte, perché io ero innamorata di mio padre e avremmo passato tutto il giorno insieme.
All’angolo di via Piave, la saracinesca era abbassata a metà nell’alba ancora buia; attraverso i vetri, opachi dalla condensa, si intravedevano movimenti polverosi dei fornai, immersi nella luce calda e avvolgente delle lampadine a incandescenza.. L’odore del pane, appena sfornato, invadeva la strada, mescolandosi al bagliore intermittente dei fanali silenziosi, mentre la mia mano era stretta in quella di mio padre.

Nel cuore di questa mostra troviamo la figura affascinante della Fornarina, una giovane fornaia che, nel 1377, ebbe un ruolo cruciale nello scontro tra le truppe mercenarie di Fermo e quelle di San Ginesio.
Mentre la battaglia infuriava, si trovava presso le mura della città e, accorgendosi della situazione disperata, chiamò a raccolta i difensori con il suo potente grido. Grazie a questo atto audace, i sanginesini trovarono la forza di combattere e resistere agli assalti nemici.

Nel corso dei secoli, la figura della Fornarina è diventata leggendaria, simbolo di determinazione e coraggio, oltre che emblema del contributo femminile durante i conflitti, dimostrando come le azioni individuali possano influenzare profondamente gli eventi storici.
Questa donna eroica l’ho sempre immaginata all’alba, ancora assonnata mentre, a passo svelto, si dirige al lavoro. La potenza del suo gesto e la decisione presa in quel momento la ritraggono – nel mio pensiero – forte e fiera, regale, su un cavallo bianco, ma non come figura marginale rappresentata da Nicola di Ulisse da Siena nella parte inferiore del Quadro del Sant’Andrea.

In questo modo, la Fornarina diventa l’incarnazione dell’autonomia e della tenacia femminile, una donna che affronta il mondo con determinazione, sfidandolo. Il suo sguardo si rivolge alle difficoltà e alla forza interiore di chi è chiamata a prendere decisioni ardue, dimostrando la capacità di affrontarle con fermezza. Spesso ci si trova a compiere scelte difficili, attraversando profondi conflitti interiori dai quali sembra non esserci via di fuga con una potenza unica, irripetibile e inimitabile.

Il vero riconosce il vero è una citazione iconica proveniente dal mondo del rap, un universo che affonda le sue radici nel linguaggio crudo della strada e nella vibrante complessità della cultura urbana. Questo motto incarna un ethos profondo: l’autenticità non è solo un valore, ma una chiave di accesso per comprendere e apprezzare l’essenza degli altri. Solo chi vive e si esprime in modo genuino è in grado di riconoscere la stessa purezza negli altri, creando una sorta di complicità silenziosa tra spiriti affini. Il messaggio trascende il contesto musicale, trovando un’eco potente nelle dinamiche culturali e artistiche contemporanee. In un mondo sempre più dominato dalle apparenze e dalla spettacolarizzazione, “il vero riconosce il vero” diventa un monito a cercare ciò che è autentico e a coltivare relazioni e creazioni che rifuggano la superficialità. Questo principio risuona non solo nelle strade, ma anche nei movimenti artistici, nelle espressioni sociali e nei luoghi dove la verità personale diventa un atto rivoluzionario. Essere autentici, dunque, non è solo un modo di vivere, ma un manifesto di resistenza contro le maschere imposte dalla società.

Novembre 2024, Lucia Leuci

 

 

L’incipit alla base della mostra personale Il vero riconosce il vero di Lucia Leuci prende spunto da un episodio poco noto della storia di Fermo: un evento specifico e raramente ricordato, specialmente in ambito locale, che riguarda la sconfitta delle truppe fermane nella battaglia tra Fermo e San Ginesio del 1377. La leggenda racconta che, quando i fermani tentarono di attaccare il borgo di San Ginesio durante la notte, fu proprio una giovane donna, una panettiera sveglia e immersa nel suo lavoro, a lanciare l’allarme con le sue grida.
L’idea di partire da una dimensione di sconfitta, anziché esaltare sempre vittorie, conquiste, onori e allori di una città, può offrire un’opportunità preziosa per riflettere sulla complessità della Storia e ricordare che non è fatta solo di trionfi, ma anche di momenti difficili e di cadute, che hanno contribuito a plasmare l’identità dei luoghi in cui viviamo. Non solo. Per Lucia Leuci, l’interesse è stato sicuramente stimolato dalla perifericità di questo episodio, dalla posizione marginale della protagonista e dalla presenza del pane, un alimento per lei ancestrale e ricorrente in molte delle sue opere e progetti.
La figura scelta dall’artista come punto di partenza per le installazioni in mostra è una donna storica, sebbene poco conosciuta. Una sorta di “piccola Fornarina”, meno sensuale della celebre musa di Raffaello, ma altrettanto affascinante nella sua autenticità. È una panettiera, una fornaia di provincia, che con il suo grido di allarme ha salvato il proprio paese. Un episodio quasi dimenticato della storia cittadina, dal quale emerge la determinazione della figura femminile, che Lucia Leuci ritiene dotata di carattere e una forza d’animo che, secondo lei, non è sempre una caratteristica predominante del mondo maschile. Questo immaginario rappresenta il cuore dell’intervento progettato dall’artista, che si intreccia con aspetti legati al contesto storico e architettonico della città, come le sue strade: antiche, consumate, percorse e sporche, ma ricche di formalismi che l’artista ha saputo tradurre in immagini.
L’osservazione della marginalità, intesa nei suoi aspetti storici, sociali e architettonico-urbanistici, è stata spesso utilizzata dall’artista per sviluppare progetti intensamente visionari. Elementi della quotidianità, apparentemente semplici e facilmente trascurabili, vengono trasformati in figure e paesaggi carichi di forte tensione emotiva.
Il vero riconosce il vero è una citazione attinta dal mondo del rap, che richiama un ethos radicato nel linguaggio della strada e nella cultura urbana, ponendolo come chiave di lettura per l’intera esposizione. Questo titolo incarna, quindi, il principio secondo cui solo chi è autentico può davvero comprendere e apprezzare l’autenticità degli altri: un messaggio che trova risonanza anche nelle dinamiche culturali e artistiche contemporanee.

La mostra sarà allestita negli spazi ancora accessibili dell’antica chiesa di San Martino, un edificio del XII secolo che un tempo dava il nome all’omonima Piazza del Popolo. I suoi resti sono conservati all’interno di Palazzo dei Priori, costruito sopra la chiesa alla fine del XIII secolo.

«Aiuto, allarme! Ci attaccano!»
Il grido di soccorso della Fornarina per le vie del paese (1377)

«Decidere è un atto di autonomia, di consapevolezza; non è semplicemente un’azione, è un riconoscimento di sé.»
Carla Lonzi, Sputiamo su Hegel (1974)

«Per decidere se è Bene o Non Bene, abbiamo una regola molto semplice: il tema deve essere vero. Dobbiamo descrivere ciò che vediamo, ciò che sentiamo, ciò che facciamo.»
Ágota Kristóf, Trilogia della città di K. (1986 – 1991)

«…il vero riconosce il vero, il falso riconosce il ferro, tu riconosci il gergo.»
Club Dogo, Ciao Proprio (2010)

 

I fornai, un tempo, si svegliavano all’alba o forse non dormivano affatto, dedicandosi con passione alla produzione del pane e attendendo pazientemente che l’impasto lievitasse secondo i ritmi naturali dei batteri. Oggi invece, si tende nel ricorrere a sostanze chimiche che accelerano il processo di lievitazione. Mi chiedo se, questo nuovo metodo di produzione dei panificati, non abbia contribuito all’aumento dei casi di celiachia nella nostra epoca, ma questo è un argomento che meriterebbe un’analisi a sé.

D’altra parte si osserva un ritorno alla cultura del passato: infatti, una consistente frangia di panificatori utilizza il lievito madre, spesso attribuendogli persino un nome proprio di persona, a sottolineare non solo il legame affettivo e simbolico, ma anche la sua natura di materia viva. Nonostante l’intento di promuovere un’alimentazione sana, l’uso del glifosato nel grano è diventato controverso. Questo erbicida, usato per essiccare le piante prima della raccolta, potrebbe influire sulla qualità del grano e sul consumo di glutine.

Il pane rappresenta la nostra connessione con la terra e gli altri, e ogni scelta agricola è un atto di responsabilità per la salute delle persone e del pianeta.
Nel galateo, il pane non dovrebbe mai essere tagliato con il coltello, ma spezzato con le mani. Questa consuetudine, oltre a simboleggiare eleganza a tavola, affonda le sue radici nella tradizione religiosa: il gesto di spezzare il pane richiama infatti il simbolismo della condivisione e dell’umiltà, come narrato nell’Ultima Cena.

Ero stata malata di morbillo e non riuscivo a dormire; e poi volevo stargli vicino, accompagnarlo al lavoro nei campi. Avevo fatto un capriccio terribile, tra urla e pianti, e alla fine, pur di farmi stare zitta, i miei avevano deciso di accontentarmi. Quindi eccomi in strada con lui, il respiro ancora concitato dallo sforzo delle mie proteste, la soddisfazione di essere stata assecondata e il cuore che mi batteva forte forte, perché io ero innamorata di mio padre e avremmo passato tutto il giorno insieme.
All’angolo di via Piave, la saracinesca era abbassata a metà nell’alba ancora buia; attraverso i vetri, opachi dalla condensa, si intravedevano movimenti polverosi dei fornai, immersi nella luce calda e avvolgente delle lampadine a incandescenza.. L’odore del pane, appena sfornato, invadeva la strada, mescolandosi al bagliore intermittente dei fanali silenziosi, mentre la mia mano era stretta in quella di mio padre.

Nel cuore di questa mostra troviamo la figura affascinante della Fornarina, una giovane fornaia che, nel 1377, ebbe un ruolo cruciale nello scontro tra le truppe mercenarie di Fermo e quelle di San Ginesio.
Mentre la battaglia infuriava, si trovava presso le mura della città e, accorgendosi della situazione disperata, chiamò a raccolta i difensori con il suo potente grido. Grazie a questo atto audace, i sanginesini trovarono la forza di combattere e resistere agli assalti nemici.

Nel corso dei secoli, la figura della Fornarina è diventata leggendaria, simbolo di determinazione e coraggio, oltre che emblema del contributo femminile durante i conflitti, dimostrando come le azioni individuali possano influenzare profondamente gli eventi storici.
Questa donna eroica l’ho sempre immaginata all’alba, ancora assonnata mentre, a passo svelto, si dirige al lavoro. La potenza del suo gesto e la decisione presa in quel momento la ritraggono – nel mio pensiero – forte e fiera, regale, su un cavallo bianco, ma non come figura marginale rappresentata da Nicola di Ulisse da Siena nella parte inferiore del Quadro del Sant’Andrea.

In questo modo, la Fornarina diventa l’incarnazione dell’autonomia e della tenacia femminile, una donna che affronta il mondo con determinazione, sfidandolo. Il suo sguardo si rivolge alle difficoltà e alla forza interiore di chi è chiamata a prendere decisioni ardue, dimostrando la capacità di affrontarle con fermezza. Spesso ci si trova a compiere scelte difficili, attraversando profondi conflitti interiori dai quali sembra non esserci via di fuga con una potenza unica, irripetibile e inimitabile.

Il vero riconosce il vero è una citazione iconica proveniente dal mondo del rap, un universo che affonda le sue radici nel linguaggio crudo della strada e nella vibrante complessità della cultura urbana. Questo motto incarna un ethos profondo: l’autenticità non è solo un valore, ma una chiave di accesso per comprendere e apprezzare l’essenza degli altri. Solo chi vive e si esprime in modo genuino è in grado di riconoscere la stessa purezza negli altri, creando una sorta di complicità silenziosa tra spiriti affini. Il messaggio trascende il contesto musicale, trovando un’eco potente nelle dinamiche culturali e artistiche contemporanee. In un mondo sempre più dominato dalle apparenze e dalla spettacolarizzazione, “il vero riconosce il vero” diventa un monito a cercare ciò che è autentico e a coltivare relazioni e creazioni che rifuggano la superficialità. Questo principio risuona non solo nelle strade, ma anche nei movimenti artistici, nelle espressioni sociali e nei luoghi dove la verità personale diventa un atto rivoluzionario. Essere autentici, dunque, non è solo un modo di vivere, ma un manifesto di resistenza contro le maschere imposte dalla società.

Novembre 2024, Lucia Leuci

 

 

L’incipit alla base della mostra personale Il vero riconosce il vero di Lucia Leuci prende spunto da un episodio poco noto della storia di Fermo: un evento specifico e raramente ricordato, specialmente in ambito locale, che riguarda la sconfitta delle truppe fermane nella battaglia tra Fermo e San Ginesio del 1377. La leggenda racconta che, quando i fermani tentarono di attaccare il borgo di San Ginesio durante la notte, fu proprio una giovane donna, una panettiera sveglia e immersa nel suo lavoro, a lanciare l’allarme con le sue grida.
L’idea di partire da una dimensione di sconfitta, anziché esaltare sempre vittorie, conquiste, onori e allori di una città, può offrire un’opportunità preziosa per riflettere sulla complessità della Storia e ricordare che non è fatta solo di trionfi, ma anche di momenti difficili e di cadute, che hanno contribuito a plasmare l’identità dei luoghi in cui viviamo. Non solo. Per Lucia Leuci, l’interesse è stato sicuramente stimolato dalla perifericità di questo episodio, dalla posizione marginale della protagonista e dalla presenza del pane, un alimento per lei ancestrale e ricorrente in molte delle sue opere e progetti.
La figura scelta dall’artista come punto di partenza per le installazioni in mostra è una donna storica, sebbene poco conosciuta. Una sorta di “piccola Fornarina”, meno sensuale della celebre musa di Raffaello, ma altrettanto affascinante nella sua autenticità. È una panettiera, una fornaia di provincia, che con il suo grido di allarme ha salvato il proprio paese. Un episodio quasi dimenticato della storia cittadina, dal quale emerge la determinazione della figura femminile, che Lucia Leuci ritiene dotata di carattere e una forza d’animo che, secondo lei, non è sempre una caratteristica predominante del mondo maschile. Questo immaginario rappresenta il cuore dell’intervento progettato dall’artista, che si intreccia con aspetti legati al contesto storico e architettonico della città, come le sue strade: antiche, consumate, percorse e sporche, ma ricche di formalismi che l’artista ha saputo tradurre in immagini.
L’osservazione della marginalità, intesa nei suoi aspetti storici, sociali e architettonico-urbanistici, è stata spesso utilizzata dall’artista per sviluppare progetti intensamente visionari. Elementi della quotidianità, apparentemente semplici e facilmente trascurabili, vengono trasformati in figure e paesaggi carichi di forte tensione emotiva.
Il vero riconosce il vero è una citazione attinta dal mondo del rap, che richiama un ethos radicato nel linguaggio della strada e nella cultura urbana, ponendolo come chiave di lettura per l’intera esposizione. Questo titolo incarna, quindi, il principio secondo cui solo chi è autentico può davvero comprendere e apprezzare l’autenticità degli altri: un messaggio che trova risonanza anche nelle dinamiche culturali e artistiche contemporanee.

La mostra sarà allestita negli spazi ancora accessibili dell’antica chiesa di San Martino, un edificio del XII secolo che un tempo dava il nome all’omonima Piazza del Popolo. I suoi resti sono conservati all’interno di Palazzo dei Priori, costruito sopra la chiesa alla fine del XIII secolo.

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